Sauro Ricci, chef del Joia, con oltre 12 anni di esperienza, ci racconta cosa rende unico il suo approccio gastronomico, profondamente legato alla spiritualità e alla cucina vegetariana d’eccellenza.
Qual è stato il tuo primo ricordo legato alla cucina?
Ricordo quando mia madre, negli anni ‘80-‘90, preparò un riso in bianco cotto come un risotto, senza soffritto e ottenendo una cremosità che mi colpì molto.
Qual è il piatto che rappresenta meglio la tua filosofia culinaria adesso?
Il canto del beato: una melanzana declinata in diverse consistenze, avvolta da un peperone rosso, con influenze orientali e mediterranee, come il carpaccio di pomodoro e il pesto di basilico.
Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato nella tua carriera?
La sfida più grande è conciliare il paradigma del gusto e dell’estetica con quello del benessere e della sostenibilità, cercando di creare una cucina che rispetti la salute, gli esseri viventi e l’ambiente.
Come è cambiato il mondo della ristorazione nel corso della tua carriera?
La ristorazione ha visto un mix di tendenze: da un lato, una cucina più orientata alla trattoria; dall’altro, un crescente dialogo con le culture internazionali. Tuttavia, i ristoranti di alto livello mantengono la loro importanza.
In che modo la tua filosofia culinaria si allinea con la visione di Pietro Leemann?
Condividiamo una visione vegetariana, ecologica e creativa, che è alla base della cucina del Joia da oltre 12 anni.
Come viene ideato il menù del Joia?
È frutto di un processo creativo collettivo, dove io, Raffaele e i nostri collaboratori contribuiamo con idee che poi prendono forma in piatti concreti. Cambiamo menù sei volte l’anno, due volte per le stagioni lunghe e altre due per quelle intermedie.
Se Milano fosse un piatto, che piatto sarebbe?
Sarebbe “l’ombelico del mondo” o “anima mundi”, due nomi che diamo al risotto, il cereale più coltivato e consumato al mondo.
Nel ristorante c’è un’atmosfera spirituale, quanto è importante per la tua cucina?
L’aspetto spirituale è fondamentale. Consideriamo il cibo un’offerta prima a Dio, poi ai clienti, con un’attitudine di gratitudine e nutrimento a più livelli.